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CEM e limiti di esposizione: considerazioni sul 5G

A distanza di qualche anno dal loro lancio in Italia, avvenuto dal 2012, le reti di quarta generazione LTE hanno raggiunto un elevato grado di penetrazione, confrontabile, in termini di popolazione, con quello delle reti di generazione precedente. La progressiva maturazione della connettività e dei servizi 4G hanno certamente avuto un ruolo di primo piano nel costante incremento di SIM con accesso a internet che ha caratterizzato gli ultimi anni.

 

Le analisi dell’AGCOM confermano tale andamento rilevando che nell’ultimo anno il numero delle SIM con accesso ad internet è cresciuto del 10,8% arrivando a circa 52 milioni di unità. Da giugno 2012 le SIM che hanno svolto traffico dati sono passate dal 27,8% ad oltre il 53% del totale. I dispositivi mobili stanno diventando quindi il principale mezzo di accesso ad internet per le applicazioni più disparate, con un conseguente aumento del volume di traffico che, a giugno 2016, ha registrato un incremento di oltre il 50% rispetto alle osservazioni per il 2015.

Nei prossimi anni è previsto un consolidamento della copertura 4G sfruttando le disponibilità di porzioni di spettro già assegnate agli operatori radiomobili, incluse le bande a 800, 1800 e 2600 MHz e la più recente banda a 1400 MHz. Nei prossimi anni i diritti d’uso saranno assegnati anche per altre frequenze, partendo dalla banda a 3,7 GHz e, successivamente, a 700 MHz, indicate in Europa – assieme alle frequenze a 26 GHz nella gamma delle onde centimetriche - come le bande pioniere per i futuri sistemi 5G che vedranno la luce dal 2018 con realizzazioni sperimentali in vari Paesi Europei già nel 2017.

Già prima dell’avvento del 5G, si stanno affacciando sul mercato nuove tecnologie che permettono di aumentare di ordini di grandezza la capacità delle reti e l’efficienza spettrale dei canali. Si tratta di soluzioni intese a garantire anche basse latenze ed altissima affidabilità.

 

 

Siamo di fronte quindi a uno scenario di sviluppo per il radiomobile in cui sarà necessario combinare l’uso di tecnologie di diversa generazione, utilizzare porzioni di spettro con caratteristiche elettromagnetiche notevolmente differenti e sviluppare reti sempre più complesse in grado di soddisfare requisiti di capacità, latenza e affidabilità molto stringenti e contrastanti tra loro.

 

Ciò ha necessariamente impatto anche sulla struttura delle reti future e sui siti che ne faranno parte, i quali avranno verosimilmente una conformazione differente rispetto quella attuale, potendo, ad esempio, essere composti un numero di settori più elevato rispetto a quelli attuali (tipicamente 3 settori per sito). La necessità di aumentare la capacità e l’efficienza spettrale determinerà inoltre un incremento sulla complessità dei sistemi di antenna (massive MIMO) e sulle dimensioni degli elementi radianti.

Siamo così di fronte a un quadro di sviluppo molto vivace che, in Italia, dovrà necessariamente scontrarsi, ancora una volta, con i vincoli addizionali imposti dal quadro normativo vigente in materia di esposizione ai campi elettromagnetici.

 

Come già accaduto a fronte dello sviluppo della quarta generazione LTE, per via dei limiti cautelativi imposti in Italia sarà molto complicato ampliare i siti esistenti introducendo tecnologie radiomobili evolute.

 

Il rispetto del valore di attenzione pari a 6 V/m imposto dalla normativa, infatti, impedisce in molti casi di aggiungere ai siti esistenti le nuove stazioni radiobase, necessarie per l’introduzione delle nuove tecnologie, poiché si avrebbe un inammissibile superamento delle soglie fissate dalla legge. Questo crea una situazione di stallo difficilmente superabile nonostante l’evoluzione della normativa sull’esposizione della popolazione ai CEM preveda che la verifica del rispetto del valore di attenzione avvenga considerando le potenze medie trasmesse dagli impianti nell’arco delle 24 ore e non le potenze massime nominali. Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, l’analisi dei fattori di riduzione della potenza α24[1], svolta a partire dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, mostra percentuali significative di sistemi 3G e 4G per i quali i fattori α24 hanno valori che non consentono l’espansione dei sistemi (ad esempio l’aggiunta di una portante UMTS o di un layer LTE) essendo la potenza media trasmessa prossima a quella massima nominale. Ciò vale in particolare per i sistemi 4G il cui carico di traffico è in continua e rapida crescita. Inoltre, l’applicazione dei fattori α24 richiede un iter autorizzativo analogo a quello previsto per l’attivazione di un nuovo impianto o l’espansione di un impianto esistente: il processo è oneroso anche in termini di tempo, in contrasto con l’esigenza di rapido sviluppo delle reti. Infine, l’obbligo di utilizzare come fattore di riduzione della potenza il valore giornaliero peggiore entro un determinato arco temporale[2] rende in molti casi non conveniente il suo impiego rispetto ai guadagni di potenza che ne deriverebbero. Ne consegue che è ancora molto elevato il numero di sistemi attivati a potenza ridotta rispetto a quella ottimale di progetto o addirittura depotenziati per consentire, ad esempio, l’attivazione di nuove frequenze 4G.

 

Secondo una stima di Telecom Italia, attualmente il numero dei siti esistenti, disponibili per un dispiegamento ottimale dei sistemi 4G nelle bande di frequenza già assegnate agli operatori, è sostanzialmente trascurabile. Quindi neppure l’ulteriore aggiunta di bande addizionali per il 5G (3600 MHz, 700 MHz) sui siti esistenti è praticabile, poiché non ci sono margini per aumentare la potenza degli impianti. Questo rappresenta un forte impedimento allo sviluppo delle reti e rischia di rallentare, se non addirittura impedire in specifiche situazioni, l’adozione del 5G in Italia. Anche la realizzazione di possibili trials pre-commerciali dei servizi 5G, richiamati anche dalla Commissione Europea nel proprio piano di azione per il 5G[3], potrebbe rivelarsi scarsamente praticabile.

 

Il medesimo Piano di azione invita gli Stati Membri a superare le difformità in termini di limiti elettromagnetici, indicando nell’adozione di soluzioni specifiche non armonizzate un ostacolo, non necessario, che può impedire lo sviluppo rapido e economicamente efficiente delle reti radio.

 

Una posizione simile era già stata espressa nel marzo del 2015 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che nel documento sulla “Strategia italiana per la banda ultralarga” indica la necessità di adeguare agli altri Paesi europei i limiti in materia di elettromagnetismo, per creare le condizioni più favorevoli allo sviluppo delle piattaforme di telecomunicazione.

 

A distanza di oltre un anno e mezzo, tuttavia, non sono state ancora avviate azioni in tale direzione e l’Italia continua a mantenere limiti di esposizione ben più stringenti di quelli basati sulle evidenze scientifiche più aggiornate, raccomandati dall’Europa e adottati dalla maggior parte dei Paesi.

Nella corsa allo sviluppo dei sistemi 5G, occorre quindi sollecitare il decisore politico per la promozione di azioni efficaci e l’adozione di misure adatte a favorire lo sviluppo delle reti di telecomunicazione.

 


[1] Il “fattore di riduzione della potenza giornaliero” è il rapporto fra la potenza media trasmessa nell’arco della giornata e la potenza massima nominale dell’impianto. Il suo valore è compreso fra 0 e 1: maggiore è il carico di traffico giornaliero e più il fattore si avvicina al valore unitario. Per “fattore di riduzione della potenza” (a24) di un determinato sistema si intende il più alto dei suoi fattori di riduzione giornalieri entro un periodo di osservazione di 12 mesi.

[2] Cfr. nota 1. In pratica, come cautela contro il superamento del fattore a24 dichiarato ed operare le conseguenti riduzioni a conformità, il valore a24 dichiarato dagli operatori è sempre superiore rispetto a quello peggiore osservato nel periodo di riferimento pari a 12 mesi.

[3] Brussels 14.9.2016, COM(2016) 588 “5G for Europe: An Action Plan”.

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