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Effetto co carcinogenico dei campi a bassa frequenza


Nel corso dell'ultimo ventennio sono stati portati avanti diversi studi volti a determinare le eventuali proprietà co-carcinogeniche dei campi elettromagnetici a bassa frequenza.

L'obiettivo principale di queste indagini consiste nel determinare se i campi a bassa frequenza possano fungere da promotori del processo di cancerogenesi agendo in sinergia con altri agenti fisici o chimici in grado, autonomamente, di indurre neoplasie a livello cellulare e/o tissutale.

 

In linea generale, gli esperimenti condotti consistono quindi nell'esporre le cellule o gli animali, precedentemente trattati con agenti cancerogeni e perciò portatori di neoplasie conclamate o latenti, ad un campo elettromagnetico a bassa frequenza possibilmente a dosimetria nota.

In seguito all'esposizione si procede poi al monitoraggio di alcuni specifici parametri quali lo sviluppo del tumore, la sua velocità di progressione e la sua malignità allo scopo di verificare che il campo non abbia influito aggravando ulteriormente la condizione della neoplasia.

 

Riassumendo, le indagini condotte sia in vitro su cellule, che in vivo su animali da laboratorio, hanno valutato gli eventuali effetti di co-promozione o co-carcinogenesi da parte dei campi elettromagnetici a bassa frequenza, con riferimento a specifiche tipologie di neoplasie, in particolare tumori del fegato, leucemie/linfomi, tumori mammari e della pelle

 

Una prima linea sperimentale portata avanti ha coinvolto indagini a livello del fegato, attraverso una indagine sulle lesioni pre-neoplastiche (foci) la cui presenza spesso è indice di una risposta precoce da parte dell'organismo agli agenti cancerogeni ed è perciò spesso utilizzata nei saggi di cancerogenesi.

 

In linea generale, gli studi portati avanti in questa direzione su ratti precedentemente trattati con agenti chimici in grado di indurre lesioni preneoplastiche al fegato non hanno fornito alcuna evidenza sperimentale riguardo al fatto che i campi a bassa frequenza possano promuovere o accelerare lo sviluppo di suddette lesioni.

 

Altri studi sono stati condotti relativamente ad un potenziale effetto di promozione di neoplasie a carico del sistema ematopoietico (in particolare leucemie e linfomi) da parte dei campi a bassa frequenza.

L'incidenza dei linfomi è stata valutata esponendo animali precedentemente trattati con raggi X o agenti chimici, alla componente magnetica del campo a bassa frequenza, allo scopo di evidenziare un eventuale effetto di promozione della cancerogenesi, indotta dall'agente, da parte del campo stesso.

 

In generale, i risultati osservati in queste indagini si sono rivelati non conclusivi e necessari di ulteriori repliche per poter giungere a risposte maggiormente chiare ed esaustive.

 

Alcuni studi effettuati esponendo in modo cronico ratti nei quali erano stati indotti chimicamente tumori della pelle a campi a 50 Hz hanno messo in evidenza ingrossamenti della milza ed un aumento in numero dei monociti nel sangue: segnali associabili ad un potenziale sviluppo di leucemia.

Altre indagini condotte invece esponendo, sempre in modo cronico, ratti precedentemente trattati con raggi x a campi magnetici pulsati a frequenza 20 kHz non hanno evidenziato alcun effetto di promozione della cancerogenesi potenzialmente attribuibile all'esposizione al campo a bassa frequenza. Nella valutazione di questo studio occorre però sottolineare che l'elevato livello di insorgenza di linfomi indotti dai raggi x nei controlli ha reso impossibile valutare un eventuale effetto di promozione sui casi che anche se presente poteva essere confuso con semplici fluttuazioni statistiche.

 

Un altro aspetto ampiamente studiato ha riguardato il potenziale effetto di promozione di tumori mammari da parte dei campi a bassa frequenza.

Per la maggior parte, le indagini sono state portate avanti su ratti precedentemente trattati con DMBA, un potente agente cancerogeno, e successivamente esposti in maniera cronica alla componente magnetica del campo a bassa frequenza.

Tra le varie indagini, una importante serie di studi condotta nel corso degli anni '90, ha riportato in seguito all'esposizione cronica a campi a bassa frequenza, un significativo aumento nell'incidenza sia di tumori palpabili, rilevati durante l'esposizione, sia di masse macroscopicamente visibili, evidenziati come tumori durante la successiva analisi istopatologica dei tessuti. Questa serie di indagini ha messo in evidenza una relazione lineare dose-risposta per densità di flusso magnetico superiori a 0.3-1.0 μT fino a 100 μT. Per esposizioni croniche specifiche a campi di intensità pari a 100 µT l'analisi istopatologica non ha messo in evidenza un effetto di aumento nell'insorgenza della neoplasia. Sulla base di questo i ricercatori hanno concluso che l'esposizione a campi magnetici a bassa frequenza non aumenta l'incidenza di lesioni neoplastiche mammarie ma ne accellera lo sviluppo e la trasformazione successiva in tumore palpabile (più frequentemente adenocarcinoma); questo a livello statistico porta come conseguenza ad un aumento del numero di masse conteggiate a monte del sacrificio del ratto.

 

Un successivo tentativo di replica, effettuato sempre esponendo gli animali trattati con DMBA a campi a 100 μT non ha però confermato il risultato di questo studio; infatti non è stata riscontrata alcuna evidenza sperimentale del fatto che l'esposizione al campo ELF fosse associabile ad una precoce insorgenza della neoplasia, ad un aumento in incidenza o in numero di tumori mammari. Sono invece state osservate differenze nelle risposte al DMBA nei ratti utilizzati in questa replica rispetto a quelli usati nel precedente studio.

Questo risultato ha portato i ricercatori ad effettuare indagini finalizzate ad una verifica di una eventuale correlazione tra ceppo genetico e risposta all'esposizione a campi ELF successiva a somministrazione di DMBA. Per questa verifica, differenti linee di ratti, precedentemente trattati con DMBA sono stati esposti per un tempo prolungato a campi magnetici intermittenti a 50 Hz. Non sono state messe in evidenza differenze nel numero di tumori sviluppati dagli animali e nel numero totale di tumori conteggiati nei diversi ceppi. Inoltre il tasso di insorgenza delle neoplasie è risultato uguale in tutti i gruppi.

 

Di contro, in un'indagine ancor più recente, svolta utilizzando differenti ceppi di ratto ha messo in evidenza un aumento di tumori mammari in seguito ad esposizione a campi magnetici a 50 Hz in una specifica sotto varietà ma non in un'altra ottenuta a partire dallo stesso progenitore. Questa ipotesi inoltre è supportata dal fatto che l'esposizione al campo ELF ha stimolato la proliferazione cellulare e la trasformazione neoplastica conseguente nelle ghiandole mammarie degli animali appartenenti a sottovarietà sensibili ai campi elettromagnetici, ma non ha sortito alcun effetto nelle sottospecie meno sensibili. Come indice di sensibilità dell'animale ai campi elettromagnetici è stata utilizzata l'attività dell'ODC (Ornithin Decarboxylase) che viene considerato uno degli indicatori degli effetti del campo magnetico sulla proliferazione cellulare.

 

Infine, ulteriori studi sono stati portati avanti allo scopo di valutare i potenziali effetti dei campi magnetici sulla progressione di tumori della pelle indotti in seguito al trattamento degli animali con iniezione di agenti chimici.

 

Da alcuni esperimenti è emerso che i campi a bassa frequenza non agiscono né da promotori di tumori in topi trattati solamente con DMBA, né da co-promotori di neoplasie in topi trattati inizialmente con DMBA e successivamente con estere del forbolo (TPA).

Tuttavia, indagini successive portate avanti seguendo lo stesso protocollo ma variando le dosi di TPA, hanno evidenziato un aumento nel rateo di incidenza delle trasformazioni neoplastiche ma non nel numero finale di tumori diagnosticati.

Repliche successive non hanno però confermato questi risultati, per cui, sulla base delle evidenze sperimentali attualmente disponibili, i ricercatori hanno concluso che gli studi finora condotti non supportano l'ipotesi che i campi a bassa frequenza possano giocare un ruolo di promotori delle neoplasie a carico della pelle.

 

Conclusioni

 

Nel corso dell'ultimo ventennio, diverse indagini sono state portate avanti da numerosi gruppi di ricerca allo scopo di valutare i potenziali effetti dei campi elettromagnetici a bassa frequenza su sviluppo, velocità di progressione e malignità di neoplasie indotte in animali in seguito al trattamento con agenti chimici o fisici, noti per le loro proprietà cancerogene.

In particolare, i principali studi si sono concentrati su specifiche tipologie di tumori, tra cui neoplasie a carico del fegato, leucemie, linfomi, tumori mammari e della pelle.

La maggior parte delle indagini riguardanti gli effetti dei campi ELF sulle lesioni pre-neoplastiche al fegato, sui tumori alla pelle e sullo sviluppo di leucemie e linfomi, hanno riportato risultati perlopiù negativi, che non evidenziano un'azione di promozione della cancerogenesi da parte dei campi ELF.

Per quanto riguarda le indagini sui tumori mammari, i risultati ottenuti si sono dimostrati inconsistenti e non conclusivi, probabilmente anche a causa delle differenze nei protocolli sperimentali applicati dai diversi gruppi di ricerca, come ad esempio l'utilizzo di ceppi differenti di animali che hanno riportato effetti discordanti tra loro.

Allo stato attuale delle conoscenze, si rendono perciò necessari ulteriori studi e approfondimenti, per ottenere risultati maggiormente chiari ed esaustivi su questo argomento.

 

Bibliografia

 

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Glossario

 

Adenocarcinoma: tumore maligno che prende origine dal tessuto epiteliale ghiandolare e che può interessare diversi organi.

 

Dimethylbenzanthracene (DMBA): immunosoppressore e potente promotore cancerogeno, viene utilizzato nei laboratori come iniziatore tumorale grazie alla sua attività mutagene. Possiede inoltre un effetto accelerante sulla crescita di tumori già in situ.

 

Estere del forbolo (TPA): Derivato esterificato del forbolo. Gli esteri del forbolo agiscono da promotori della trasformazione cellulare neoplastica.

 

Lesioni pre-neoplastiche (foci): lesioni di tipo iperplastico, necrotico-degenerative reversibili che, prima di trasformarsi in neoplasia possono rimanere latenti anche per anni

 

Raggi X: Radiazioni elettromagnetiche ionizzanti a frequenza elevatissima, superiore a quella della radiazione ultravioletta, e con energia fotonica così elevata (anche più di 103 eV) tale da provocare la ionizzazione degli atomi del materiale irradiato. Hanno lunghezze d'onda dello stesso ordine di grandezza delle distanze fra gli atomi nei solidi. I raggi X sono prodotti dall'urto di elettroni molto veloci con un bersaglio materiale (solitamente un metallo pesante). Sono delle radiazioni penetranti e non ci sono dei corpi che, attraversati, riescano ad assorbirle totalmente. Come i raggi gamma anche i raggi X possono essere pericolosi per le cellule viventi, in particolare possono causare mutazioni, sia dirette, rompendo dei legami chimici, sia indirette, inducendo radicali liberi.

 

Sistema ematopoietico: insieme di organi e tessuti in cui vengono prodotti gli elementi corpuscolati del sangue quali globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

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