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Effetti dei campi a radiofrequenza sulle funzioni cellulari

 

La crescita, la proliferazione e la differenziazione delle singole cellule sono processi finemente regolati per rispondere alle necessità specifiche dell'organismo nel suo complesso. In maniera del tutto occasionale, tuttavia, può accadere che i raffinati controlli che regolano questi processi cellulari vengano meno portando la cellula a crescere e a dividersi in maniera incontrollata.

Quando le discendenti di quella cellula ereditano la capacità di proliferare in maniera svincolata da qualsiasi meccanismo di regolazione, il risultato è la comparsa di un clone della cellula capace di replicarsi indefinitamente, arrivando a diffondersi in tutto il corpo e interferendo con le funzioni degli organi e dei tessuti sani.

 

In condizioni fisiologiche, il ciclo cellulare viene suddiviso in quattro fasi principali: G1, che precede l'inizio della sintesi del DNA; S, in cui avviene la sintesi del DNA; G2 , che intercorre tra la duplicazione del DNA e la divisione nucleare; M, in cui avviene la mitosi, durante la quale il corredo cromosomico si distribuisce nelle due cellule figlie. La progressione da uno stadio ad un altro del ciclo cellulare è controllata da un apparato di regolazione attraverso l'interpretazione di segnali specifici codificati per ogni singola fase, in questo modo avviene non solo la regolazione del ciclo cellulare, ma anche il collegamento di quest'ultimo ai segnali extracellulari che controllano la proliferazione.

 

Ciclo mitotico

 

Gli effetti di un agente sulle funzioni cellulari vengono studiati attraverso l'osservazione in vitro; numerosi studi sono stati effettuati su colture negli ultimi 30 anni con lo scopo di indagare non soltanto gli effetti dovuti alla esposizione, ma anche di individuare gli eventuali meccanismi di interazione

 

Attraverso analisi in vitro è possibile studiare in modo dettagliato il processo di proliferazione e di regolazione del ciclo cellulare in colture esposte a campi a radiofrequenza.. La maggior parte degli studi finora condotti non ha riscontrato effetti anomali sulla proliferazione imputabili alla esposizione ai campi elettromagnetici, va sottolineato però che questi studi risentono fortemente di comportamenti espressi dalle cellule unicamente quando si trovano all'interno di colture e non in vivo. Tali effetti sono spesso imputabili ad aumenti di temperatura nel sistema coltura.

 

La principale linea sperimentale portata avanti dai gruppi di ricerca nasce con l'obiettivo di verificare la possibilità di eventuali trasformazioni neoplastiche di cellule o gruppi di cellule in seguito ad esposizione.

Alcuni studi sono stati effettuati esponendo colture di cellule epidermiche umane a campi a 900 o 1800 MHz con SAR variabili tra 2 e 6 W/kg e non hanno riscontrato aumenti nella espressione dell'antigene ki-67, una proteina associata alla proliferazione cellulare, classificata tra i markers tumorali. Lo stesso risultato è stato replicato in un ulteriore studio effettuato su cellule epiteliali dell'occhio.

 

Altri studi sono stati condotti relativamente alle attività enzimatiche in particolare sull' ornithinedecarboxilase (ODC) con riferimento all'esposizione alle radiofrequenze. L'ODC è un enzima coinvolto nella crescita cellulare ed è stato dimostrato che un incremento anomalo di attività conduce le cellule verso una trasformazione di tipo neoplastico.

Gli studi effettuati su fibroblasti di topo hanno evidenziato un aumento dell'attività dell'ODC come effetto della esposizione a campi a radiofrequenza fino a 915 MHz con SAR pari a 2.5 W/Kg. I risultati di queste indagini non sono state però confermate da esperimenti successivi.

 

Studi sugli eventuli effetti non termici dei campi a radiofrequenza a livello di divisione cellulare, sono stati effettuati esponendo cellule di lievito a campi ad elevata frequenza (41 GHz) con SAR compresi tra 5 e 500 mW/kg I risultati ottenuti non hanno mostrato differenze significative nella fase S e nella fase G1 confrontando le cellule esposte con cellule analoghe non esposte. Questo permette di affermare che l'esposizione a campi a radiofrequenza non produce alterazioni a livello di duplicazione del DNA.

In conclusione la maggior parte degli studi pubblicati non ha riscontrato effetti diretti dell'esposizione a campi a radiofrequenza sui processi di proliferazione e controllo del ciclo cellulare.

 

Un altro aspetto ampiamente studiato è l'apoptosi cellulare che consiste in un processo fisiologico di morte programmata della cellula caratterizzato da specifici cambiamenti morfologici che avvengono in risposta ad un pattern di segnali biochimici ben definiti.

 

L'apoptosi viene indagata poiché rappresenta un processo essenziale per il fisiologico ricambio delle cellule, molte cellule neoplastiche infatti non giungono all'apoptosi e hanno di conseguenza una vita più lunga di quella delle loro controparti sane, con una maggiore possibilità di replicarsi.

 

Questa incapacità specifica delle cellule neoplastiche di andare incontro a morte programmata contribuisce significativamente, attraverso un aumento incontrollabile di cellule anomale, allo sviluppo dei tumori e alla resistenza di questi ultimi all'irradiazione e a molti farmaci antitumorali.

Il comportamento differenziato per quanto riguarda l'apoptosi tra cellule sane e cellule maligne viene sfuttato anche a livello terapeutico nella ipertermia oncologica, una terapia che viene usata in supporto alle cure classiche (chemioterapia e radioterapia).

 

L'ipertermia oncologica consiste nel riscaldare l'organo bersaglio esponendolo a campi a radiofrequenza di 13.56 MHz fino a portare le cellule ad una temperatura di 43-45°C. Il riscaldamento a livello cellulare provoca un aumento nella produzione di proteine da shock termico (HSP) con conseguente induzione di apoptosi.

 

Dal momento che gli agglomerati di cellule neoplastiche sono meno vascolarizzati e presentano una minore vasodilatazione rispetto ai tessuti sani, il calore rimarrà più facilmente intrappolato al loro interno inducendo come effetto un aumento dell'apoptosi limitato alle cellule anomale, non interessando, o interessando solo marginalmente, le cellule sane che risultano più resistenti al calore.

 

I principali studi sono stati condotti al fine di verificare eventuali aumenti o diminuzioni a carico del processo di apoptosi nelle cellule esposte a campi a radiofrequenza.

 

Gli esperimenti sono stati condotti utilizzando diverse tipologie cellulari tra cui cellule staminali embrionali, fibroblasti e cellule del sangue; la maggior parte degli studi non ha riscontrato alcuna correlazione tra esposizione a campi a radiofrequenza e induzione di apoptosi.

Un solo studio recente ha messo in evidenza un aumento di apoptosi in cellule neuronali di topo esposte ad un campo a radiofrequenza a 900 MHz in onda continua con SAR pari a 2 W/kg; i risultati non sono però stati replicati in un secondo esperimento effettuato con lo stesso protocollo ma SAR inferiore. Questo fa ipotizzare che l'effetto riscontrato sia dovuto per lo più ad un surriscaldamento della coltura.

 

In conclusione gli studi condotti non hanno riportato una correlazione positiva tra esposizione a campi a radiofrequenza e induzione di apoptosi cellulare. Rimangono però da svolgere ulteriori indagini su altre tipologie cellulari allo scopo di confermare i risultati finora ottenuti e fornire risposte maggiormente conclusive. Sono infine necessari ulteriori studi sull'effetto pro-apoptotico della applicazione di campi a radiofrequenza su cellule neoplastiche, il tutto finalizzato a verificare se l'irradiazione di tessuti tumorali a supporto delle terapie classiche possa fornire un valido apporto al miglioramento dei protocolli terapeutici in oncologia.

 

Un ultimo aspetto ampiamente studiato riguarda l'eventuale produzione di ROS (reactive oxygen species) nelle cellule esposte a campi a radiofrequenza. Le ROS sono specie reattive dell'ossigeno il cui livello cresce a dismisura in presenza di fattori esterni specifici quali età, esposizione a radiazione ottica (raggi ultravioletti) e altre forme di stress. La loro presenza in elevate quantità può essere indice di un danno a livello cellulare. Questa condizione, definita come stress ossidativo, spesso è alla base del processo di induzione e promozione della cancerogenesi.

 

Gli studi portati avanti in questa direzione si sono incentrati sia su valutazioni di tipo diretto,

attraversi l'analisi di eventuali variazioni dei livelli intracellulari di ROS, sia di tipo indiretto attraverso la valutazione delle variazioni dei livelli di ossidanti ed antiossidanti cellulari, nonché delle proteine da shock termico (HSP).

Studi recenti hanno evidenziato un aumento nel livello di ROS in cellule epiteliali umane esposte a campi a radiofrequenza di 1.8 GHz con SAR variabile tra 1 e 4 W/kg; oltre a questo effetto, per SAR superiori a 4 W/kg è stato rilevato anche un arresto del ciclo mitotico alle fasi iniziali. E' stata invece confermata l'assenza di effetti dovuti alla esposizione a campi RF sull'apoptosi.

 

Gli autori sostengono che l'aumentata produzione di ROS possa essere espressione di un avvenuto danno a carico della catena del DNA, imputabile all'ossidazione degli aminoacidi.

 

Altri studi di tipo indiretto sono stati portati avanti attraverso l'analisi degli effetti di campi ad onda continua e con caratteristiche simili a quelli usati in telefonia GSM e frequenza di 1800 MHz sulla produzione di ROS e di hsp70 (proteina prodotta in condizioni di shock termico) da parte di linee cellulari in cui è stata indotta leucemia.

 

Gli esperimenti non hanno messo in evidenza differenze nella produzione di ROS e di hsp70 tra i controlli e le cellule esposte.

Le medesime linee cellulari sono state successivamente trattate con estere del forbolo (PMA) o lipopolissaccaride (LPS) prima di essere nuovamente esposte. Sia il PMA che l'LPS sono induttori della promozione di ROS nei monociti e nelle cellule del sistema immunitario; l'analisi ha messo in evidenza un aumento nella produzione di anione superossido riconducibile al trattamento con gli induttori, mentre non sono stati osservati effetti aggiunti attribuibili alle radiofrequenze.

 

Conclusioni


Gli studi in vitro sono utili per capire quali possano essere i meccanismi di interazione campo-sistema biologico alla base di un dato effetto. Uno studio in vitro non potrà però mai fornire l'evidenza di un effetto sanitario, che per definizione può verificarsi solo in un organismo completo, ma può indicare, ad esempio, se un campo elettromagnetico sia in grado di causare danni al materiale genetico tali di indurre tumori nell'uomo e spiegare i meccanismi che eventualmente ne stanno alla base.

La ricerca biologica ha investigato la risposta delle cellule in vitro ai campi a radiofrequenza sotto una molteplicità di aspetti: alterazioni a carico del ciclo cellulare, induzione di apoptosi, variazioni nella proliferazione, produzione di proteine o speci reattive che possono essere collegate ad un danno cellulare o a mutazioni di tipo maligno. Tutto questo variando non soltanto la linea cellulare oggetto di indagine ma anche le condizioni espositive e la dosimetria.

 

Gli studi fin qui effettuati non hanno messo in evidenza effetti a livello biologico in condizioni espositive sub termiche; alcuni effetti che potrebbero far pensare ad alterazioni di tipo genetico indotte, possono essere riconducibili più ad un improvviso ed eccessivo aumento della temperatura causato dalla esposizione che ad una vera e propria risposta all'agente da parte della cellula e del suo corredo genetico.

Gli studi più recenti mostrano che l'esposizione a campi a radiofrequenza non ha effetto, o ha un effetto irrilevante, nell'espressione di geni direttamente collegabili alla cancerogenesi (es i proto oncogeni e i geni soppressori dei tumori). Gli studi sugli effetti dei campi a radiofrequenza sull'espressione delle proteine da stress (con particolare riferimento alle HSP) sono inconsistenti, il surriscaldamento delle colture, per effetto diretto dell'irradiazione, rappresenta ancora un potenziale fattore di confondimento alla base di alcune associazioni positive che però mancano di una curva dose risposta e di una spiegazione ai meccanismi.

Per quanto riguarda i campi a radiofrequenza prodotti da telefoni cellulari e stazioni radiobase per livelli di SAR uguali o inferiori a quelli riportati nella normativa vigente, gli studi in vitro effettuati non hanno messo in evidenza in modo replicabile nessun meccanismo che possa portare all'insorgenza di tumori quale effetto della esposizione.

 

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Glossario

 

Anione superossido: radicale libero prodotto in grandi quantità ed in grado di reagire con il perossido di idrogeno dando origine al radicale ossidrile OH•

 

Estere del forbolo (PMA): derivato esterificato del forbolo. Gli esteri del forbolo agiscono da promotori della trasformazione cellulare neoplastica.

 

HSP (proteine da shock termico): proteine che vengono indotte quando le cellule vengono esposte a condizioni di stress che discostano dalla normale situazione fisiologica.

Le loro funzioni principali sono proteggere le cellule da eventuali danni, aiutare le proteine di nuova sintesi ad assumere la giusta conformazione e promuovere il degrado di quelle danneggiate. Alcune classi di HSP sono inoltre in grado di legarsi in maniera specifica a recettori presenti sulle cellule immunitarie potenziando la risposta sia innata che acquisita.

 

LPS (lipopolissaccaride): è uno dei componenti della parete esterna dei batteri gram negativi e nella sua struttura si possono riconoscere tre regioni principali: il lipide A, di natura glicolipidica, che funge da ancora alla membrana esterna dei batteri; il core, di natura oligosaccaridica, che costituisce la parte centrale; la catena O, di natura polisaccaridica, che sporge verso l'esterno. Gli LPS sono dei potenti attivatori del sistema immunitario e agiscono stimolando i macrofagi al rilascio di sostanze effettrici ad azione tossica.

 

ODC (ornithinedecarboxilase): enzima che catalizza la decarbossilazione dell'ornitina, un prodotto del ciclo dell'urea, per formare putresceina, nella reazione iniziale della biosintesi delle poliamine.

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