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Cancerogenesi dei campi a radiofrequenza: studi su animali

 

Nel corso degli ultimi decenni sono stati condotti molteplici studi su animali volti a determinare le eventuali proprietà cancerogeniche dei campi elettromagnetici a radiofrequenza.

L'obiettivo principale degli studi consiste nel determinare se i campi a radiofrequenza possano agire da iniziatori del processo di cancerogenesi, oppure da promotori in sinergia con altri agenti, fisici o chimici, già noti per le loro proprietà cancerogeniche.

 

Le sostanze cancerogene, infatti, possono essere classificate in due differenti categorie a seconda della modalità di azione: quelle che autonomamente sono in grado di determinare la formazione di tumori, definite iniziatori (o induttori), e quelle che invece necessitano dell'azione di altri agenti sulla zona bersaglio per indurre la formazione di tumori, definite promotori.

 

In linea generale, gli esperimenti condotti negli studi sopracitati consistono nell'esporre gli animali ad un campo elettromagnetico a radiofrequenza, possibilmente a dosimetria nota, ed esaminarne poi l'azione in base all'instaurarsi delle differenti tipologie di tumori o di trasformazioni maligne.

 

Un importante vantaggio degli esperimenti su animali è che questi permettono di ottenere informazioni dettagliate sull'interazione a livello biologico tra campi a radiofrequenza e sistemi viventi, con riferimento a tutte le funzioni cellulari, comprese le risposte immunitarie, le variazioni a livello cardiovascolare ed altri comportamenti che possono essere osservati solo in vivo, escludendo così gli studi a livello cellulare.

 

Un altro vantaggio degli esperimenti su animali è dato dal fatto che la maggior parte degli agenti in grado di provocare l'insorgenza di tumori su animali risultano ugualmente cancerogeni anche per l'uomo, e viceversa; inoltre, l'utilizzo di animali consente di sfruttare linee geneticamente modificate, definite transgeniche, ovvero portatrici di mutazioni che le rendono maggiormente predisposte alla formazione di alcune tipologie di cancro.

 

Va però sempre tenuto in considerazione che, a causa delle diverse dimensioni e della diversa fisiologia, non sempre è possibile estrapolare al 100% da studi su animali considerazioni conclusive applicabili all'uomo.

 

Molti tumori infatti presentano caratteristiche simili dell'uomo e negli animali da laboratorio, ma i dati ed i risultati ottenuti devono essere contestualizzati in quanto spesso può accadere che agenti cancerogeni per gli animali (generalmente solo ad alti dosaggi) non mostrano effetti di cancerogenicità nell'uomo; viceversa, alcuni agenti che sono cancerogeni per l'uomo non hanno invece effetti negli animali, inoltre le diverse dimensioni degli organismi fanno si che a parità di frequenza e dosimetria, l'assorbimento sia diverso

.

Gli studi sono stati effettuati sia su animali sani che su linee geneticamente modificate per induzione di patologie neoplastiche, il tutto con la finalità di verificare se l'esposizione a campi elettromagnetici sia in grado da sola di indurre una neoplasia in un organismo sano o in un organismo geneticamente predisposto, oppure di verificare se i campi elettromagnetici, in sinergia con altri agenti fungano da promotori di cancerogenesi.

 

Studi su campi RF come unico agente – Effetto induttore

 

Studi volti a determinare se le radiofrequenze siano in grado di indurre tumori sono stati portati avanti da svariati gruppi di ricerca, sia su animali da laboratorio sani con i classici test sui parametri biologici, sia su animali geneticamente modificati in modo da aumentare, grazie alla predisposizione indotta la probabilità che un maggior numero di animali sviluppi la patologia oggetto di indagine.

 

Le ricerche si sono concentrate per lo più sull'induzione di tumori al cervello per effetto della esposizione a campi a radiofrequenza, questo perché, i campi prodotti da terminali per telefonia cellulare, hanno come bersaglio principale e ravvicinato la testa.

 

Le indagini infatti sono state effettuate con l'intento di simulare condizioni di esposizione cronica ai campi elettromagnetici generati dal telefono cellulare; pertanto la testa dei roditori è stata maggiormente esposta rispetto al corpo, con un rapporto tra SAR pari a 10:1.

 

Gli animali utilizzati in questi studi sono stati esposti per la maggior parte della loro vita e in alcuni esperimenti le esposizioni sono state effettuate partendo dalla condizione di "irraggiamento in utero".

 

Gli studi sono stati condotti su roditori prendendo come riferimento campi elettromagnetici con frequenze variabili tra 835 MHz e 1.62 GHz; i risultati non hanno mostrato effetti né a carico del sistema nervoso centrale né sull'aumento di incidenza di tumori al cervello, sia per gli animali la cui esposizione è iniziata in utero sia per quelli esposti unicamente nel periodo postnatale. Inoltre non sono stati riscontrati effetti sulla durata della vita né effetti di cancerogenicità a carico di altri organi.

 

Studi su linee transgeniche sono stati portati avanti onde verificare una eventuale associazione tra esposizione e insorgenza di varie tipologie di tumori a carico di tutti gli organi. L'utilizzo delle linee transgeniche serve unicamente ad aumentare la potenza statistica.

 

In particolare sono stati portati avanti studi su linee transgeniche di ratti Patched 1(transgenici per lo sviluppo di tumori cerebrali medulloblastoma e rabdomiosarcoma) esponendo gruppi di animali, sia non modificati che transgenici a campi RF a frequenza 900 MHz e SAR 0.4 W/kg; nessuna differenza in termini di sopravvivenza è stata trovata tra i gruppi esposti e i non esposti, mentre i due specifici tumori sono stati osservati negli animali transgenici e non in quelli sani, come atteso. Inoltre, nei topi transgenici l'incidenza di rabdomiosarcoma è stata superiore negli animali esposti rispetto ai controlli, ma questa differenza non risulta essere statisticamente significativa; l'incidenza di medulloblastoma e di altri tumori random, comprese le lesioni precancerose della cute non ha subito variazioni in funzione della avvenuta esposizione.

 

Altri studi finalizzati a verificare un eventuale effetto promotore di tumori cerebrali della esposizione a campi con frequenza di 1950 MHz non hanno evidenziato nessuna differenza tra animali esposti, gruppo di controllo non esposto e gruppo sham exposed.

 

Per indagare a largo spettro su tutte le tipologie neoplastiche, sono stati condotti esperimenti esponendo a campi con frequenza variabile tra 900 MHz e 2.45 GHz e SAR compreso tra 0.15 e 4.0 W/kg, gruppi di roditori sani e ceppi di topi transgenici B6C3F1, ovvero geneticamente modificati per un aumento di probabilità di sviluppare tumori vari non specifici (aumento di circa 60% della probabilità rispetto al soggetto non modificato).

 

In seguito all'esposizione a campi con frequenze pari a 2.45 GHz, nei ceppi sani non è stato riscontrato alcun aumento di insorgenza dei singoli tumori organo-specifici (ad eccezione di alcuni organi endocrini), mentre è stato osservato un significativo incremento nell'insorgenza di tumori multipli primari maligni ma nessun aumento nell'insorgenza di tumori multipli primari benigni.

 

In conclusione, i risultati ottenuti non hanno mostrato prove scientifiche definitive di un effetto cancerogeno dei campi elettromagnetici a radiofrequenza per quanto riguarda l'insorgenza di tumori vari, sia singoli sia multipli e risultano perciò necessari ulteriori analisi e approfondimenti sull'argomento.

 

In un altro studio più recente condotto esponendo solo i topi geneticamente modificati (B6C3F1) a segnali GSM (902 MHz) e DCS (1.8 GHz) con livelli di SAR variabili tra 0 W/kg (sham exposure), 0.4 W/kg e 4 W/kg non sono state rilevate associazioni tra esposizione al campo a radiofrequenza e aumento nell'incidenza e nella gravità di lesioni non tumorali o tumori, né risposte anomale all'esposizione da parte dell'organismo animale.

 

Altri studi sono stati effettuati con la finalità di indagare l'associazione tra esposizione a campi a radiofrequenza ed insorgenza di gravi e frequenti tumori specifici quali, i linfomi , i tumori mammari ed alcune famiglie di tumori cerebrali.

 

L'interesse nelle indagini sulle eventuali associazioni tra esposizione a campi a radiofrequenza ed insorgenza di linfomi, è partito dai risultati di uno studio effettuato a fine anni 90 da Repacholi nel quale era stata evidenziata una associazione tra esposizione di ratti Eμ-Pim1 (transgenici per induzione di linfoma) ed esposizione ai campi a radiofrequenza simili a quelli utilizzati per la telefonia GSM.

 

Repliche più avanzate dello studio originale sono state fatte sottoponendo le linee transgeniche sopra citate a campi a frequenza GSM con livelli di SAR pari a 0.5-1.4-4 W/kg ed a segnali UMTS con SAR pari a 0.4 W/kg.

 

Le indagini, nel primo caso hanno evidenziato una diminuzione della sopravvivenza degli animali esposti rispetto ai controlli; per quanto concerne invece l'incidenza di linfoma, non sono state riscontrate sostanziali differenze tra i gruppi esposti e i controlli, così come non sono state rilevate incidenze particolari di altri tumori. Lo stesso risultato relativo ai linfomi è stato trovato anche per le esposizioni a segnali UMTS, in questo caso non si è verificato nemmeno l'accorciamento della durata in vita dei ratti esposti.

 

Sulla base dei risultati di questi studi, gli scienziati, hanno affermato che i campi a radiofrequenza non hanno effetti nell'incidenza di linfoma o di altri tumori in ratti geneticamente modificati; la ridotta sopravvivenza dei topi esposti a segnali GSM rimane ancora oscura e inspiegabile in quanto mancano le necessarie informazioni riguardo alle cause di morte degli animali.

 

Gli studi finalizzati ad indagare eventuali relazioni tra esposizione a campi a radiofrequenza ed insorgenza di tumori mammari sono iniziati a partire dagli anni '80 con l'esposizione di topi C3H/HeA geneticamente predisposti all'insorgenza di tumori mammari, a campi con frequenza pari a 2.45 GHz e SAR compreso tra 2 e 8 W/kg.

 

In seguito all'esposizione è stato riscontrato un aumento nella velocità di formazione del tumore e una conseguente diminuzione della sopravvivenza anche se gli alti valori di SAR potrebbero aver causato uno stress termico negli animali e aver di conseguenza influito sui risultati dello studio che non sono stati confermati da esperimenti successivi in cui topi C3H/HeJ sono stati esposti a segnali con livelli di SAR inferiori ma per periodi di tempo più lunghi. I risultati osservati non hanno mostrato alcun aumento nell'insorgenza di tumori mammari né alcuna diminuzione nella sopravvivenza, portando alla conclusione che l'esposizione a campi a radiofrequenza non incida su questi due parametri.

 

Azione combinata di campi a radiofrequenza e agenti genotossici – Effetto promotore

 

Un'altra importante linea di studi è stata condotta allo scopo di determinare se le radiofrequenze, in associazione con agenti cancerogeni noti, siano in grado di agire da promotori della cancerogenesi, aumentando la probabilità di sviluppo di tumori indotti nell'animale in seguito al trattamento con l'agente cancerogeno stesso.

 

Le indagini sono state portate avanti sull'effetto combinato di campi elettromagnetici ed agenti cancerogeni noti, sia fisici che chimici, quali l' etilnitrosurea, l'MX, i raggi x, il DBMA ed il benzopirene.

 

Diversi studi hanno valutato gli effetti dei campi a radiofrequenza sullo sviluppo di tumori a carico del sistema nervoso centrale, indotto dalla somministrazione per via transplacentare di un noto agente mutageno, l'ENU (etilnitrosurea ).

 

Gli animali sono stati esposti a campi elettromagnetici con frequenze comprese tra 836 MHz e 1.439 GHz e con livelli di SAR localizzato alla testa compresi tra 0.3 e 1.4 W/kg.

 

In linea generale, questi studi non hanno fornito alcuna evidenza sperimentale riguardo al fatto che i campi a radiofrequenza possano favorire lo sviluppo di tumori a carico del cervello precedentemente indotti da ENU.

 

Altri studi, condotti in periodi recenti, sono stati portati avanti alla scopo di valutare i possibili effetti dei campi a radiofrequenza sulla induzione di neoplasie da parte dell'MX (3-cloro-4-diclorometil-5-idrossi-2-furanone), un potente agente mutageno in grado di indurre la formazione di tumori in vari siti.

 

I ratti sono stati esposti a segnali GSM con frequenza pari a 900 MHz e SAR compreso tra 0.3 e 0.9 W/kg. I risultati osservati hanno mostrato che i campi a radiofrequenza non incidono sulla mortalità degli animali né sullo sviluppo delle diverse tipologie di tumori analizzati nello studio. L'unico dato statisticamente discordante con i risultati ottenuti ha riguardato l'incidenza di tumori vascolari a livello dei linfonodi mesenterici, che è risultata maggiore nei topi esposti anche ai campi elettromagnetici rispetto a quelli trattati solo con MX. Tuttavia, l'analisi dei dati ottenuti e il successivo confronto tra i due gruppi di animali, ha portato gli autori a concludere che questa differenza riscontrata fosse dovuta a disparità di incidenza tra il gruppo di controllo ed il gruppo esposto che hanno indotto un bias nei dati.

 

A completamento degli studi effettuati per indagare eventuali effetti della esposizione ai campi a radiofrequenza sull'insorgenza dei tumori mammari, sono state condotte indagini trattando gruppi di animali con DMBA (Dimethylbenzanthracene) un potente immunosoppressore in grado di fungere da induttore di tumori e da acceleratore della crescita neoplastica.

 

In un primo esperimento ratti femmine trattate con DMBA e con tumore mammario già sviluppato e visibile, sono state sottoposte a campi a frequenza pari a 900 MHz con SAR variabile tra 0.03 e 0.13 W/kg. Sono stati svolti tre esperimenti consecutivi e in uno solo di essi è stato riscontrato un incremento nella progressione e nello sviluppo di tumori mammari in seguito all'esposizione alle radiofrequenze, mentre negli altri due studi l'effetto non è stato osservato. Sulla base di queste evidenze gli autori hanno concluso che i diversi risultati riscontrati nei tre esperimenti fossero di natura accidentale, escludendo perciò associazioni positive con l'esposizione a campi a radiofrequenza.

 

Altri studi svolti in periodi più recenti hanno valutato l'azione dei campi a radiofrequenza su ratti trattati con DMBA ed esposti in modo cronico per sei mesi a campi con frequenze pari a 900 MHz e SAR compreso tra 0.4 e 4 W/kg.

 

Nei soggetti esposti alle radiofrequenze è stato riscontrato un maggior numero di masse palpabili rispetto ai controlli ma non è stato possibile costruire una curva dose/risposta. Inoltre, l'incidenza di tumori benigni è risultata significativamente inferiore nei gruppi esposti rispetto al gruppo di controllo e, nel complesso, il numero totale di animali con tumori (benigni o maligni) è risultato simile nei due gruppi.

 

Dal momento che l'incidenza di tumore mammario, in seguito a trattamento con DMBA è estremamente variabile, gli autori hanno quindi concluso affermando che le differenze riscontrate tra i due gruppi sono di natura accidentale ed escluso associazioni positive con l'esposizione a campi a RF.

 

Gli studi su eventuali effetti della esposizione a campi a radiofrequenza sulla pelle sono stati condotti esponendo topi trattati con benzopirene per 6 mesi a campi con frequenza pari a 2.45 GHz e SAR compreso tra 6 e 8 W/kg.

 

L'esposizione ai campi a radiofrequenza ha accelerato lo sviluppo dei tumori alla pelle causando di conseguenza una diminuzione della sopravvivenza; tuttavia, i dati ottenuti sono risultati difficili da interpretare a causa della mancanza di protocolli che descrivessero in dettaglio la metodologia utilizzata.

 

Un tentativo di replica effettuato anni dopo utilizzando campi a frequenza e SAR inferiori, ha messo in evidenza lo sviluppo di sarcoma maligno nel sito di iniezione dell'agente cancerogeno, ma la successiva esposizione a campi a radiofrequenza (900 MHz) non ha causato peggioramenti dei tumori già in situ né un incremento dei livelli di anticorpo anti-fosfatidilinositolo, il marker tumorale associabile ai tumori della pelle il cui aumento è un indice di trasformazione neoplastica.

 

Infine sono state effettuate indagini finalizzate a verificare se la combinazione di campi a radiofrequenza e radiazioni ionizzanti (raggi x), possa aumentare il rischio di insorgenza di tumori (linfomi) in seguito alla esposizione all'agente fisico raggi x.

 

Ratti trattati con raggi X per tre settimane sono stati successivamente esposti in modo cronico a campi con frequenza di 900 MHz e SAR pari a 1.5 W/kg per un anno e mezzo. I risultati ottenuti da questo studio non hanno però mostrato alcun effetto dei campi elettromagnetici né sullo sviluppo di linfomi né sull'incremento di altre patologie neoplastiche.

 

In molti esperimenti, specie nel campo della fisiologia e della patologia, l'animale sostituisce l'uomo: idealmente le conoscenze che derivano da esperimenti effettuati su animali, ad esempio roditori, potrebbero essere estrapolate all'uomo, soprattutto in ambito tossicologico e nello studio della carcinogenesi.

 

C'è infatti una buona correlazione (84%) tra agenti che causano tumori nell'uomo e quelli che causano tumori nel nei roditori: ad esempio, la maggioranza dei fattori chimici che causano leucemia nell'uomo, causano leucemia anche nei roditori.

 

I meccanismi di interazione nel topo e nell'uomo seguono la stessa via metabolica e la stessa modalità di riparazione cellulare, ed è sufficiente, grazie a modelli matematici, rapportare le dosi alle dimensioni dell'uomo.

 

Occorre però in questo ambito, tenere in considerazione le differenze interspecie, infatti, sebbene molti tumori presentino caratteristiche simili nell'uomo e negli animali da laboratorio, è comunque necessario estrapolare i dati in modo corretto e contestualizzarli all'uomo.

 

Inoltre, per quanto riguarda l'esposizione a campi a radiofrequenza occorre effettuare anche delle complesse valutazioni di tipo dosimetrico. Il SAR infatti presenta un massimo alla frequenza di risonanza, tale parametro è legato alle dimensioni del corpo. Pertanto, per alcune specifiche frequenze, può verificarsi che, a pari densità di potenza incidente, il SAR e quindi l'esposizione, sia maggiore nei piccoli animali (topo, ratto) che nell'uomo.

 

Conclusioni


I possibili effetti cancerogeni (di induzione e promozione neoplastica) dei campi a radiofrequenza sono stati ampiamente studiati, sia attraverso gli esperimenti classici su animali sani, sia utilizzando linee geneticamente modificate per l'induzione di molteplici tumori oppure analizzando gli effetti della esposizione combinata a campi RF più agenti fisici e chimici di nota genotossicità.

Se si escludono poche eccezioni, queste indagini non hanno messo in evidenza un effetto di tipo cancerogenico derivante dalla esposizione a campi a radiofrequenza, anche con SAR elevati, da soli o in associazione ad altri agenti.

Le eccezioni sono costituite per lo più da studi molto vecchi sull'incidenza di linfomi, in seguito ad esposizione a campi a 900 MHz, in topi geneticamente modificati e non hanno mai trovato replica.

Gli studi più recenti, caratterizzati tutti da una miglior qualità dei protocolli e delle dosimetrie, in modo concorde non hanno riportato effetti di induzione o promozione neoplastica in animali, sia per esposizione prenatale che per esposizione postnatale.

Questo porta i ricercatori a concludere che sugli animali non esistono associazioni tra esposizione a campi a radiofrequenza ed insorgenza o promozione di tumori per SAR fino a 4 W/kg.

 

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Glossario

 

Benzo(a)pirene: idrocarburo policiclico aromatico della classe dei benzopireni; una delle sue forme ossidate dall'organismo è il benzo(a)pirene-7,8-diidrodiolo-9,10-diidroossido che è in grado di legarsi al DNA interferendo con il suo meccanismo di replicazione. Il Benzo(a)pirene è classificato nella Categoria 1 dallo IARC: sostanza cancerogene per l'uomo.

 

Dimethylbenzanthracene (DMBA) : immunosoppressore e potente promotore cancerogeno, viene utilizzato nei laboratori come iniziatore tumorale grazie alla sua attività mutagene. Possiede inoltre un effetto accelerante sulla crescita di tumori già in situ.

 

Etilnitrousurea (ENU): potente agente mutageno in grado di trasferire un gruppo etile all'interno dell'acido nucleico (generalmente una timina) nella catena del DNA inducendo una trasversione di basi. Ad elevate dosi risulta anche tossico.

MX: composto ad elevata mutagenicità che si forma per clorazione ed ossidazione dei prodotti di degradazione del materiale organico.

 

Raggi x: Radiazioni elettromagnetiche ionizzanti a frequenza elevatissima, superiore a quella della radiazione ultravioletta, e con energia fotonica così elevata (anche più di 103 eV) tale da provocare la ionizzazione degli atomi del materiale irradiato. Hanno lunghezze d'onda dello stesso ordine di grandezza delle distanze fra gli atomi nei solidi. I raggi X sono prodotti dall'urto di elettroni molto veloci con un bersaglio materiale (solitamente un metallo pesante). Sono delle radiazioni penetranti e non ci sono dei corpi che, attraversati, riescano ad assorbirle totalmente. Come i raggi gamma anche i raggi X possono essere pericolosi per le cellule viventi, in particolare possono causare mutazioni, sia dirette, rompendo dei legami chimici, sia indirette, inducendo radicali liberi.

 

Sham exposure: situazione per cui è stata simulata in tutto e per tutto la condizione di esposizione senza però procedere alla somministrazione dell'agente fisico

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