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Effetti dei campi a bassa frequenza sul sistema nervoso


L'esposizione a campi elettrici variabili nel tempo può dare luogo ad una percezione indiretta da parte del soggetto esposto, come effetto della carica elettrica alternativamente indotta sulla superficie corporea, che risulta in grado di produrre una vibrazione dei peli cutanei.

Diversi studi portati avanti negli anni '90 hanno mostrato che la maggior parte delle persone è in grado di percepire campi elettrici a frequenza 50/60 Hz con intensità uguali o superiori a 20 kV/m.

Campi magnetici ELF sufficientemente intensi possono provocare direttamente la stimolazione dei nervi periferici e spesso, brevi impulsi di campo magnetico, vengono usati in campo clinico per stimolare i nervi delle estremità al fine di verificare l'integrità dei percorsi neurali.

 

I valori di soglia in termini di induzione magnetica sono dell'ordine dei millitesla, con densità di correnti indotte di circa 1 A/m2.

Gli effetti acuti dell'esposizione a campi elettrici e magnetici a bassa frequenza sul sistema nervoso sono ben noti e consistono nella stimolazione diretta dei tessuti nervosi e muscolari e nell'induzione di fosfeni nella retina.

Vi sono anche evidenze scientifiche indirette che funzioni cerebrali come i processi visivi e la coordinazione motoria possono essere transitoriamente influenzati dai campi elettrici indotti. Tutti questi effetti presentano delle soglie al disotto delle quali non si verificano.

 

La reattività di tessuti nervosi e muscolari elettricamente eccitabili nei confronti di stimoli elettrici indotti dalla esposizione a campi a bassa frequenza è già da molti anni oggetto di studio. Si è stimato, sulla base di simulazioni numeriche, che le fibre nervose mielinizzate del sistema periferico presentino un valore di soglia per l'eccitabilità attorno ai 6 V/m con possibilità di scendere fino a 2 V/m.

Altri autori, utilizzando un modello di fantoccio umano omogeneo, hanno stimato una soglia minima per la stimolazione dei nervi periferici tra 4 e 6 V/m; con stimoli più forti sopraggiunge una sensazione di fastidio e successivamente di dolore.

L'effetto più noto e studiato dei campi ELF al disotto della soglia di eccitazione diretta dei nervi è l'induzione di magnetofosfeni, che si traduce nella percezione di leggeri lampi luminosi alla periferia del campo visivo, nella retina di volontari esposti a campi magnetici a bassa fre quenza. La soglia minima in termini di induzione di campo magnetico è di circa 5 mT a 20 Hz, e sale a frequenze più alte e più basse; la soglia in termini di corrente indotta è di 10 mA/m2, un valore superiore alle tipiche densità di corrente endogene nei tessuti elettricamente eccitabili.

Gli studiosi sono concordi nell'affermare che l'induzione di fosfeni sia un fenomeno transitorio, di natura non patologica, dovuto all'interazione diretta del campo elettrico indotto con le cellule eccitabili della retina.

 

Le proprietà specifiche delle cellule e dei tessuti che costituiscono il sistema nervoso centrale rendono quest'ultimo estremamente sensibile ai campi deboli a bassa frequenza, con conseguenti possibili effetti su processi legati direttamente al sistema nervoso centrale come la memoria; alcuni autori suggeriscono che la polarizzazione dei neuroni che compongono il sistema nervoso centrale, prodotta dai campi elettrici indotti, possa accentuare la sincronizzazione di gruppi attivi di neuroni e coinvolgere gruppi non attivi adiacenti, influenzando così l'eccitabilità e l'attività della cellula nervosa in toto. I dati in vivo, forniti da studi (effettuati con tecniche a risonanza magnetica o attraverso tomografia) su sezioni del cervello, indicano che le soglie minime per la comparsa di questi effetti si trovino a frequenze inferiori ai 100 Hz ed intensità di campo elettrico intorno a 100 mV/m.

 

Alcuni gruppi di ricerca hanno indagato sugli effetti di deboli campi elettrici sulla attività e le funzioni cerebrali riscontrando che campi a frequenze comprese tra 10 e 20 Hz possono indurre la percezione di fosfeni corticali (simili ai magnetofosfeni indotti sulla retina), o interagire con l'attività elettrica ritmica della corteccia cerebrale motoria inducendo un rallentamento piccolo ma statisticamente significativo di semplici movimenti, come lo spostamento di una mano ed influenzando in maniera lieve il coordinamento motorio.

Sono state segnalate variazioni nel tempo di latenza della risposta a complicati test di ragionamento svolti da volontari esposti a deboli correnti elettriche a 50 Hz, che venivano fatte circolare attraverso elettrodi collegati alla testa; i valori della densità di corrente erano stimati tra 10 e 40 mA/m2.

Per quanto riguarda gli effetti sulla attività elettrica del cervello, sulla cognizione, sul sonno e sull'umore gli studi non sono conclusivi, gli effetti rilevati sono molto lievi e di carattere transitorio e le condizioni necessarie per l'induzione di queste risposte da parte del sistema nervoso in seguito alla esposizione a campi a bassa frequenza non sono definite in modo chiaro.

 

Gli effetti a livello di sistema nervoso e neuro comportamentali sono stati studiati ampiamente anche su animali da diversi punti di vista e in varie condizioni di esposizione, pochi sono gli effetti accertati.

Alcuni studi recenti evidenziano che l'esposizione cronica di animali da laboratorio (roditori) a campi magnetici a 50 Hz con induzione compresa tra 1.10 e 2 mT possano avere effetti, sia negativi che positivi sulla memoria ed indurre comportamenti ansiogeni.

Piccole modifiche nel tracciato delle onde alpha cerebrali sono state registrate nell'elettroencefalogramma di soggetti esposti a sequenze di campi magnetici pulsati con picco attorno ai 200 μT, questi risultati però necessitano di una conferma.

 

Alcuni autori riportano effetti sul sistema antiossidante nella corteccia cerebrale di ratti cronicamente esposti a campi magnetici a 50 Hz e 100 μT di intensità; la direzione dell'effetto è risultata variabile in funzione dell'età anagrafica dell'animale esposto; negli esemplari giovani si traduce infatti in un aumento delle difese, viceversa un decremento si registra negli animali più anziani.

 

Sospetti di possibili effetti psicologici o psichiatrici dei campi elettrici o magnetici ELF sono sorti negli anni '60, quando alcuni autori sovietici hanno segnalato un'accresciuta prevalenza di disturbi neurologici in lavoratori di sottostazioni ad alta tensione, in particolare sono stati segnalati casi di cefalea associati ad indolenza, affaticamento, irritabilità, disturbi della libido ed alterazioni del sonno. Alcuni autori hanno segnalato un'accresciuta frequenza di quadri depressivi e di suicidi in relazione ad elevati livelli di campo magnetico nelle case. I tentativi di replica di questi studi hanno dato risultati contraddittori.

Soltanto in alcuni studi più recenti sembra essere confermata l'ipotesi di un accresciuto rischio di suicidio tra i soggetti esposti a campi ELF per la quale esistono anche delle curve di relazione dose risposta. Gli autori ipotizzano che si tratti di suicidi indotti da depressione associata a bassi livelli di melatonina causati dall'esposizione ai campi a bassa frequenza.

In altri studi è stata valutata la relazione tra esposizione a campi magnetici ELF e variazione nelle risposte a test neuropsicologici relativi ai principali ambiti della memoria, dell'attenzione e della salute mentale. L'esposizione ai campi magnetici ELF è risultata in relazione lineare con la frequenza nella comparsa di alcuni sintomi psichiatrici e la difficoltà ad effettuare test richiedenti memoria, attenzione e coordinamento visuale-motorio.

 

Conclusioni

 

È ben noto che una corrente elettrica indotta è in grado di stimolare i tessuti nervosi e muscolari una volta che siano stati superati determinati livelli di soglia.

Densità di corrente non in grado di stimolare in modo diretto i tessuti eccitabili possono comunque agire sull'attività elettrica in corso ed influenzare l'eccitabilità neuronale. Il sistema nervoso centrale d'altronde è sensibile ai campi elettrici endogeni generati dall'azione delle cellule nervose, anche per livelli inferiori a quelli necessari per la stimolazione diretta; queste ricerche ed i conseguenti risultati però non sono abbastanza attendibili da essere considerate conclusive.

Nell'intervallo di densità di corrente indotta compreso tra 10 e 100 mA/m2 sono state segnalate alterazioni, lievi e transitorie, nella attività elettrica del cervello, a carico delle funzioni cognitive nonché del sonno e dell'umore.

Quando la densità di corrente supera le centinaia di mA/m2, per intervalli di frequenza compresi tra 10 Hz e 1 kHz, si ha il superamento della soglia di stimolazione diretta neuronale e neuromuscolare.

 

Bibliografia

 

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Glossario

 

Fosfeni (o magnetofosfeni): fenomeno ottico visivo caratterizzato dalla percezione di lampi di luce, scie colorate o scintille luminose anche in situazioni in cui nessuno stimolo visivo arriva al cervello (assenza di luce, occhi chiusi)

 

Guaina mielinica: rivestimento, con funzioni isolanti, che avvolge gli assoni neuronali formando la fibra nervosa. Tale guaina avvolge gli assoni in modo discontinuo, interrompendosi ad intervalli regolari (nodi di Ranvier) e rendendo più rapida, per mezzo di salti da un nodo all'altro la propagazione del segnale nervoso.

 

Melatonina: ormone secreto principalmente dalla ghiandola pineale (ma anche da ipofisi, tiroide, ghiandole surrenali e gonadi) la cui funzione principale è quella di regolare il ciclo sonno-veglia.

 

Onde alpha cerebrali: onde a frequenza compresa tra 8 e 14 Hz emesse dal cervello, tipiche della veglia ad occhi chiusi e degli istanti precedenti l'addormentamento.

 

Sistema nervoso centrale: il sistema nervoso, pur essenzialmente continuo, può essere suddiviso in varie regioni secondarie. L'insieme dell'encefalo e del midollo spinale costituisce il sistema nervoso centrale.

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