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Effetti dei campi a bassa frequenza su riproduzione e sviluppo


Gli effetti della esposizione ai campi elettrici e magnetici a bassa frequenza su fertilità, riproduzione, crescita prenatale, post natale e sviluppo sono stati studiati, sia attraverso indagini di tipo epidemiologico, sia in laboratorio su animali in particolare ratti e conigli, sia in vitro su colture cellulari o embrioni.

 

Per quanto riguarda gli studi sull'uomo sono stati considerati separatamente l'esposizione materna e paterna, nonché la componente elettrica e magnetica.

Come sorgenti di campo a bassa frequenza sono stati considerati i video terminali, le coperte elettriche, le esposizioni residenziali dovute a vicinanza con le linee ad alta tensioneed eventuali esposizioni particolari legate alla professione del singolo individuo.

 

Gli studi sulle esposizioni residenziali hanno mostrato una evidenza limitata di aumento del rischio di aborti spontanei per esposizione della madre al campo magnetico a bassa frequenza durante la gravidanza, il rischio aumenta con l'aumentare del valore massimo di picco dell'induzione magnetica e non in funzione del valore medio pesato sul tempo di esposizione. Non risultano invece aumenti del rischio per eventi diversi dall'aborto spontaneo (malformazioni, parto pretermine, ecc..).

Per quanto riguarda invece gli effetti della esposizione paterna ai campi elettrici e magnetici a bassa frequenza, gli studi fin qui effettuati non sono risultati conclusivi e presentano una limitazione sul calcolo della dose dovuta al fatto che l'esposizione è sempre stata valutata a priori sulla sola base delle mansioni lavorative del singolo individuo.

Studi su animali riguardanti gli effetti della esposizione paterna ai campi a bassa frequenza hanno messo in evidenza una diminuzione significativa del numero di gravidanze nelle coppie in cui il partner maschile era stato esposto a campi a 50 Hz con induzione magnetica pari a 25 μTesla. Questo effetto perdurava fino a 45 giorni dopo il termine della esposizione, per scomparire completamente 90 giorni dopo la sospensione. Lo stesso studio però, replicato, non ha fornito i medesimi risultati.

 

Nel corso degli anni sono stati effettuati molteplici studi su animali, con la finalità di verificare l'effetto separato della componente elettrica e magnetica di un campo a bassa frequenza.

Per quanto riguarda il solo campo elettrico, tutti gli studi effettuati su ratti, conigli e maiali, seguendo sviluppo e riproduzione del singolo animale, dal ventre materno, fino alla nascita delle due generazioni successive non hanno messo in evidenza relazioni di causalità tra esposizione a campi elettrici a 50-60 Hz ed effetti significativi sulla crescita e sullo sviluppo. I pochi studi che avevano mostrato un aumento di malformazioni nei nuovi nati ed una diminuzione della fertilità in seguito ad esposizione ai campi elettrici a radiofrequenza non hanno visto i risultati confermati dalle repliche.

 

Per quanto riguarda gli effetti della componente magnetica del campo a bassa frequenza sullo sviluppo prenatale sono stati condotti studi esponendo gli animali ancora in utero a campi con induzione magnetica variabile tra 2 μTesla e 30 mT. I risultati in generale non hanno evidenziato malformazioni macroscopiche esterne o interne o un aumento di morte fetale. L'unico risultato consistente è stato un aumento di malformazioni scheletriche secondarie sui ratti, sulle cui motivazioni ci sono ipotesi contrastanti: alcuni gruppi di lavoro ritengono che le alterazioni osservate siano effetti di fluttuazioni statistiche indipendenti dalla esposizione al campo magnetico, altri ritengono che, il campo magnetico, così come risulta in grado di influenzare la velocità di crescita e sviluppo del tessuto osseo, possa essere anche alla base delle malformazioni evidenziate.

 

Studi effettuati su animali finalizzati ad evidenziare le performance riproduttive(numero di cuccioli per coppia, percentuale di coppie fertili, ritardi nel parto, dimensioni del neonato) su più generazioni non hanno mostrato anomalie fino alla terza generazione per esposizioni a campi fino a 1 mT.

Non sono state messe in evidenza nemmeno variazioni nella sopravvivenza dei feti e sul loro peso corporeo alla nascita.

 

Per quanto riguarda la parte in vitro, molti studi sono stati effettuati su embrioni di ratti e non hanno evidenziato differenze nella sopravvivenza o anomalie negli embrioni esposti a campi a 50 Hz rispetto ai gruppi di controllo.

 

Conclusioni

 

Nel complesso gli studi epidemiologici sull'uomo non hanno mostrato un'associazione tra effetti nocivi al feto e al neonato ed esposizione della madre o del padre a campi a bassa frequenza. Vi sono limitate evidenze di un aumento del rischio di aborti associati all'esposizione della madre a campi magnetici, ma questa associazione non è stata replicata e la sua evidenza è nel complesso scarsa.

Gli effetti di esposizioni a campi elettrici a bassa frequenza d'intensità fino a 150 kV/m sono stati esaminati in diverse specie di mammiferi senza mettere in evidenza relazioni di causalità ; alcuni degli studi comprendevano gruppi di grandi dimensioni ed esposizioni che si estendevano su almeno tre generazioni.

L'esposizione di mammiferi a campi magnetici a bassa frequenza non dà luogo a grosse malformazioni esterne, viscerali o scheletriche primarie per campi fino a 20 mT.

L'aumento di malformazioni scheletriche secondarie in seguito ad esposizione, può essere considerato insignificante dal punto di vista biologico, in quanto si tratta comunque di malformazioni molto comuni anche in assenza di esposizione.

Alcuni studi effettuati a livello embrionale su uccelli hanno evidenziato che campi magnetici a bassa frequenza possono dar luogo ad anomalie negli embrioni durante le prime fasi dello sviluppo, va però considerato che gli studi effettuati su volatili, se estrapolati all'uomo non hanno lo stesso peso e lo stesso significato degli studi svolti su mammiferi.

Valutando tutte le componenti esaminate sia in vivo su animali, sia in vitro, sia a livello epidemiologico sull'uomo è possibile affermare che l'evidenza di una associazione tra esposizione a campi a bassa frequenza ed effetti sulla riproduzione è molto debole.

 

Bibliografia

 

[1] ICNIRP International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection. Exposure to Static and Low Frequency Electromagnetic Fields, Biological Effects and Health Consequences (0-100 kHz) - Review of the Scientific Evidence and Health Consequences. Bernhardt JH, Matthes R, McKinlay A, Vecchia P, Veyret B (eds) ISBN3- 934994-03-2; 2003a.

 

[2] World Health Organization (WHO). Environmental Health Criteria 238. Extremely Low Frequency (ELF) Fields. Geneva: World Health Organization; 2007a.

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