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Effetti dei campi a bassa frequenza sul sistema immunitario ed ematologico

 

Il sistema immunitario è una complessa rete integrata di mediatori chimici e cellulari la cui funzione principale è quella di difendere l'organismo da agenti esterni quali virus, batteri e varie macromolecole. Ogni tipo di risposta immunitaria prevede in primo luogo il riconoscimento del patogeno ed in secondo luogo una reazione specifica per la sua eliminazione.

In linea generale i differenti tipi di risposte immunitarie possono essere raggruppati in due categorie principali: le risposte innate e quelle acquisite che sono più specifiche nei confronti dell'agente patogeno.

 

Una delle principali caratteristiche del sistema immunitario è la ridondanza nei componenti e nei meccanismi regolatori; ciò fa si che eventuali variazioni, minime o transienti non provochino effetti dannosi.

 

Tra le principali cellule che mediano le risposte a livello immunitario ci sono i linfociti B e T che sono stati quelli maggiormente studiati in relazione ad eventuali effetti della esposizione ai campi a bassa frequenza.

 

Allo scopo di verificare una eventuale associazione positiva tra esposizione a campi a bassa frequenza e alterazioni a carico del sistema immunitario, sono state condotte indagini ad ampio spettro, sia in vivo su animali e sull'uomo, sia in vitro sulle cellule che intervengono nella difesa immunitaria.

 

Gli studi portati avanti recentemente riguardano soprattutto le esposizioni di tipo cronico su individui esposti per motivi professionali.

In queste indagini sono stati valutati diversi parametri al fine di ottenere un'analisi il più possibile completa ed efficace; in particolare sono state condotte valutazioni sull'attività enzimatica dell'ornitina decarbossilasi (ODC) nei globuli bianchi, sull'attività delle cellule natural-killer (NK), sul numero dei linfociti T e delle cellule del sangue, fino ad effettuare una valutazione molecolare finalizzata alla ricerca di eventuali danni a carico del DNA dei linfociti.

In linea generale, i risultati di queste indagini si sono rivelati non conclusivi e di difficile interpretazione dal momento che gli effetti osservati si sono mostrati discordanti; in alcuni di questi studi, infatti, non sono state riscontrate variazioni sull'attività delle cellule NK né sul numero totale delle cellule del sangue, mentre in altri è stata osservata una associazione positiva tra intensità di induzione magnetica e diminuzione dell'attività dell'ODC e nel numero totale di NK.

In altre indagini è stato invece riscontrato un aumento nel numero dei globuli rossi e delle piastrine, una diminuzione nel numero di globuli bianchi, linfociti e anticorpi, oltre ad un maggior danno a carico del DNA dei linfociti nei gruppi esposti rispetto al gruppo di controllo.

Il meccanismo a sostegno di questa associazione potrebbe risiedere in un danno indotto dai campi a bassa frequenza direttamente sul DNA dei linfociti, determinandone la successiva morte per apoptosi, con conseguente diminuzione in numero di globuli bianchi e anticorpi nel sangue.

 

Studi indiretti sono stati fatti anche sulla produzione di melatonina, la cui azione stimolante sul sistema immunitario è ben nota.

 

Nessun effetto diretto sui livelli di melatonina è stato riscontrato nei soggetti esposti, tuttavia alterazioni come la diminuzione nell'attività dell'ODC, le variazioni anomale nel numero di NK, linfociti B e monociti sono risultate superiori nei lavoratori caratterizzati a livello fisiologico da bassa produzione di melatonina.

Il significato clinico di queste alterazioni indirette è però ignoto.

 

Oltre agli studi su base volontaria, sono stati inoltre condotti sia esperimenti su animali, allo scopo di valutare le risposte del sistema immunitario nella sua totalità, sia parallelamente studi in vitro sfruttando cellule isolate da animali esposti al fine di identificare eventuali meccanismi causa/effetto.

 

Considerando le indagini portate avanti nell'ultimo ventennio, va segnalato uno studio effettuato su ratti esposti in modalità acuta e cronica a campi ELF a frequenza di rete ed intensità pari a 100 µT. Sono state analizzate tutte le cellule coinvolte nelle risposte immunitarie ed in linea generale non sono stati evidenziati effetti né per esposizione acuta né per quella cronica.

 

Altri studi hanno riportato una diminuzione dell'attività di cellule NK in femmine di topi B6C3F, geneticamente modificati per induzione di tumori multipli, esposti a campi magnetici continui o pulsati con frequenza pari a 60 Hz ed intensità compresa tra 2 e 1000 µT; questo effetto non è stato però riscontrato nei topi maschi né in altre femmine di ratto non geneticamente modificate.

Gli autori non hanno perciò attribuito un significato biologico rilevante alla diminuzione dell'attività delle cellule NK in seguito all'esposizione, dal momento che non è risultata nemmeno associata ad un aumento di neoplasie in altri studi condotti con le stesse modalità di esposizione.

 

Gli effetti dell'esposizione cronica a campi elettrici e magnetici a bassa frequenza sono stati studiati anche a livello di specifiche cellule del sistema immunitario (i timociti) di giovani ratti esposti sia a radiazioni ottiche che a campi con frequenza 50 Hz per 8 mesi. L'esposizione simultanea ai raggi luminosi e ai campi a bassa frequenza non ha modificato in maniera significativa il processo di divisione mitotica di queste cellule, sebbene il tasso di morte cellulare sia aumentato. Questi risultati hanno portato gli autori ad affermare che, in vivo, lo stress causato dall'esposizione sinergica alla luce ed ai campi ELF potrebbe aver agito in associazione causando una rapida involuzione del timo, rendendolo maggiormente suscettibile agli effetti dei campi elettrici e magnetici.

 

Oltre alle indagini in vivo sull'uomo e su animali, sono infine stati portati avanti studi in vitro su cellule del sistema immunitario isolate.

Alcuni di questi studi sono stati condotti su linfociti isolati sia da donatori sani sia da pazienti affetti da neoplasie, esponendo le cellule a campi magnetici sinusoidali con frequenza pari a 50 Hz e intensità di 1 mT e 10 mT.

Un'ora dopo l'esposizione, nei linfociti isolati dai pazienti affetti da neoplasie è stato rilevato un aumento di aderenza alle superfici solide, mentre, al contrario, nei linfociti isolati da donatori sani è stata osservata una diminuzione dell'aderenza.

Questo risultato è in contrasto con la normale risposta fisiologica tipica dell'immunità cellulo-mediata, in cui i linfociti di pazienti affetti da neoplasie mostrano, in genere, una minor aderenza rispetto ai linfociti dei soggetti sani. Sulla base di queste evidenze, gli autori hanno concluso che l'esposizione al campo magnetico esterno potrebbe aver alterato la risposta dell'immunità cellulo-mediata, attraverso meccanismi biofisici non ancora completamente noti, ma che potrebbero coinvolgere reazioni di radicali liberi.

Per quanto riguarda nello specifico la produzione di radicali liberi, gli studi sono proseguiti anche in periodi recenti, utilizzando come fonte cellulare monociti isolati da cordone ombelicale umano. In seguito all'esposizione delle cellule a campi con frequenza pari a 50 Hz e intensità di 1 mT è stato riscontrato un aumento di oltre il 40% nella produzione di anione superossido e del 20% nel rilascio di radicali liberi.

 

Sulla base delle evidenze sperimentali fin qui descritte, i ricercatori hanno concluso che alcuni degli effetti rilevati in seguito all'esposizione a campi magnetici ELF potrebbero essere causati da un aumento nella produzione di radicali liberi attraverso quattro differenti meccanismi:

 

  •  attivazione diretta

 

  • attivazione diretta dei macrofagi (e di altre cellule immunitarie) in seguito ad esposizione acuta (non prolungata nel tempo) , che potrebbe portare alla fagocitosi e, di conseguenza, alla produzione di radicali liberi;

 

  • attivazione diretta dei macrofagi in seguito ad esposizione cronica con successiva stimolazione diretta della produzione di radicali liberi;

 

  • aumento della durata della vita media dei radicali liberi, con conseguente aumento di concentazione nel sangue come effetto della esposizione;

 

  • aumento dei livelli di radicali liberi per effetto di esposizione cronica con conseguente inibizione degli effetti della melatonina prodotta dalla ghiandola pineale.

 

In linea generale, tuttavia, non esistono tuttora risultati concreti e conclusivi che permettano di confermare la teoria secondo cui l'esposizione ai campi magnetici a bassa frequenza possa determinare un aumento della produzione di radicali liberi che interferisca con la risposta immunitaria.

 

Ematologia

 

L'ematologia è una branca della medicina focalizzata sullo studio del sangue e degli organi e tessuti che compongono il sistema ematopoietico, tra cui il midollo osseo rosso, e tratta soprattutto le cause, le cure e la prevenzione delle malattie del sangue.

 

Solo poche indagini su volontari sono state condotte negli anni passati allo scopo di verificare una eventuale associazione positiva tra esposizione a campi ELF ed alterazioni a carico del sistema ematopoietico.

 

Uno studio in particolare ha monitorato alcuni volontari esposti in maniera cronica per 8 ore al giorno a campi magnetici con frequenza pari a 50 Hz e intensità compresa tra 0.2 e 6.6 μT.

Il numero totale di linfociti è risultato significativamente inferiore negli esposti rispetto ai controlli mentre la produzione di cellule NK è aumentata in seguito all'esposizione; tuttavia, le misure sono state effettuate a livello della caviglia e la dosimetria a corpo intero è tutt'altro che nota. Ne consegue che non è stato possibile attribuire a questi studi un carattere di conclusività ed affermare, sulla base di questi risultati una associazione tra esposizione ed alterazioni patologiche a livello ematologico.

 

Per quanto riguarda gli studi su animali, l'esposizione cronica di ratti a campi ELF con frequenza 50 Hz e intensità compresa tra 5 e 100 μT non ha evidenziato alterazioni patologiche nel tasso di crescita degli animali, né variazioni nella morfologia e nell'istologia di tessuti isolati da diverse fonti quali fegato, cuore, linfonodi mesenterici, testicoli e midollo osseo.

 

Infine, una sola indagine in vitro è stata portata avanti per indagare sugli effetti dei campi magnetici sulla proliferazione cellulare, con particolare riferimento alle cellule del sistema ematopoietico.

I risultati di questo studio hanno messo in evidenza una diminuzione nella proliferazione e nella differenziazione dei progenitori dei macrofagi nelle cellule esposte rispetto ai controlli

Sono infine stati esaminati anche gli effetti dei campi magnetici sulla proliferazione di cellule staminali stromali; mentre nelle femmine di topo in seguito all'esposizione la proliferazione è diminuita, nei maschi è rimasta invariata. Questi risultati, associati ai precedenti, hanno portato gli autori ad affermare che gli effetti della esposizione ai campi a bassa frequenza sulla proliferazione cellulare non sono conclusivi; si rendono di conseguenza necessari ulteriori indagini e approfondimenti sull'argomento.

 

Conclusioni

 

Gli studi condotti fino ad oggi riguardo ai potenziali effetti dei campi a bassa frequenza a carico del sistema immunitario ed ematologico si sono rivelati per lo più inconsistenti dal momento che la maggior parte delle cellule su cui sono state fatte indagini non hanno risposto in maniera anomala alla esposizione e, pochi studi hanno mostrato effetti di natura per lo più variabile.

In linea di massima si può quindi affermare che allo stato attuale non esiste una associazione certa tra esposizione ed eventuali danni a carico del sistema immunitario ed ematologico, anche se la conoscenza è inadeguata. La complessità nell'interpretazione dell'impatto sulla salute di piccole alterazioni eventualmente riscontrate è dovuta, oltre alla difficoltà oggettiva nella valutazione di parametri fisiologici ampiamente variabili da soggetto a soggetto, anche alla variabilità delle condizioni ambientali ed espositive, al numero relativamente basso di campioni ed all'ampio spettro di parametri da tenere in considerazione.

Ulteriori studi e ricerche, sia in vivo che in vitro, si rendono perciò necessari allo scopo di ottenere un quadro più approfondito e dettagliato anche sui meccanismi che regolano queste interazioni ed essere così in grado di fornire risposte maggiormente conclusive sull'argomento.

 

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Glossario

 

Anione superossido: radicale libero prodotto in grandi quantità ed in grado di reagire con il perossido di idrogeno dando origine al radicale ossidrile OH•

 

Cellule NK (natural killer): gruppo di linfociti che possiedono la capacità intrinseca di riconoscere e distruggere alcune cellule infettate da virus oltre ad alcune cellule tumorali

 

Cellule staminali stromali: cellule staminali presenti nel midollo osseo.

 

Fagocitosi: processo con cui le cellule incorporano materiale inglobandolo all'interno di un vacuolo (fagosoma) nel citoplasa

 

Leucociti: meglio conosciuti come globuli bianchi, sono cellule del sangue la cui funzione principale è quella di preservare l'integrità biologica dell'organismo tramite l'attuazione di meccanismi di difesa diretti contro microorganismi patogeni di varia natura (virus, batteri, miceti, parassiti) e contro corpi estranei penetrati nell'organismo previo superamento delle barriere costituite dalla cute e dalle mucose. Si suddividono in granulociti, monociti e linfociti.

 

Linfociti B: cellule che si sviluppano nel midollo osseo dell'adulto ed in grado di produrre anticorpi

 

Linfociti T: cellule che si differenziano primariamente nel timo e risultano fondamentali per il controllo e lo sviluppo delle risposte immunitarie

 

Macrofagi: cellule, derivate dai monociti del sangue, dotate di capacità di fagocitare materiali estranei. Svolgono un ruolo importante nell'induzione e nell'espressione della risposta immunitaria producendo citochine.

 

Neutrofili (o granulociti neutrofili): tipologia di globuli bianchi, prodotti a partire dalle cellule staminali del midollo osseo, che rappresentano il 50-70% di tutti i leucociti, hanno funzioni di difesa dell'organismo contro infezioni batteriche e fungine. Vengono chiamati neutrofili perché non incorporano coloranti istologici, né acidi né basici.

 

ODC (ornitina decarbossilasi): enzima che catalizza la decarbossilazione dell'ornitina, un prodotto del ciclo dell'urea, per formare putresceina, nella reazione iniziale della biosintesi delle poliamine.

 

Radicali liberi: atomi o molecole elettricamente neutri aventi un elettrone spaiato nell'orbita esterna che li rende chimicamente molto attivi.

 

Timo: organo linfoide primario situato nella cavità toracica al disopra del cuore

 

Timociti: precursori di linfociti T presenti nel timo, dove vanno incontro a un processo di maturazione, prima di raggiungere il circolo sanguigno.

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